Il Vortice Polare (VP) è quella trottola depressionaria che staziona sopra la verticale del Polo Nord e che al suo interno contiene masse d’aria molto fredde. Quando si sente parlare di un VP compatto significa che le correnti al suo interno scorrono molto veloci e quindi il freddo rimane concentrato al suo interno viceversa quando si parla di VP debole si intende che le correnti al suo interno non sono così tese e di conseguenza è possibile che scendano masse d’aria fredda verso sud.

Il VP troposferico è quello che determina il tempo meteorologico al suolo mentre il VP stratosferico è quello che si trova nell’alta atmosfera e non sempre dialoga con il collega sottostante; in merito al dialogo tra la stratosfera e la troposfera sono ancora in corso studi per capire veramente cosa porta ad interagire il VPS e il VPT.

Fatta questa piccola premessa su cosa è il Vortice Polare, ora andiamo a parlare dei riscaldamenti che possono intervenire in stratosfera e che portano alla rottura del VP Stratosferico.

Tralasciando la precisa dinamica che fa scattare il riscaldamento stratosferico, ne indichiamo solo quello che è la fine di questo processo: quando gli anticicloni subtropicali, (la cui risalita è determinata dalle ondulazioni della corrente a getto), superano una certa ampiezza raggiungendo un punto critico di non ritorno lungo i meridiani, iniziano a crescere anche in spessore. In questo modo il calore in essi contenuto viene iniettato nelle alte quote stratosferiche e, trasportato dalla legge fisica di Coriolis, si propaga verso i cieli polari e ne determina il repentino riscaldamento stratosferico.

Giunti a questo punto, quindi, parte il cosiddetto Stratwarming che significa riscaldamento stratosferico.

Quando il riscaldamento stratosferico è veramente molto forte, le temperature salgono anche di oltre 40/50 gradi. In questo caso si parla di Midwinter Major Warming. Tale evento determina:

1. L’inversione dei venti in quota da zonali ad antizonali (da Est verso Ovest).

2. Lo split (rottura) del VPS.

3. Al posto del VPS la formazione di un anticiclone polare.

Il riscaldamento stratosferico avvenuto nei giorni scorsi ha raggiunto il picco massimo il 15 febbraio 2018 quando in stratosfera a circa 30km dal suolo i valori hanno raggiunto addirittura gli 0 gradi e normalmente la temperatura a quelle quote è compresa tra -50 e -80 gradi.

In merito a questo evento, l’esperto fisico Cohen afferma che il flusso di calore sviluppatosi in stratosfera, in direzione del polo nord, ha raggiunto e superato ogni record da quando esistono le rilevazioni dell’alta atmosfera.

Ogni volta che si verificano riscaldamenti stratosferici di questa portata, normalmente, la stratosfera va in interazione con la troposfera in un lasso temporale abbastanza breve (massimo 20 giorni) e crea uno stravolgimento della circolazione atmosferica troposferica portando anche qui l’inversione dei venti da zonali ad antizonali.

Non sempre poi per l’Italia ci sono delle ripercussioni a seguito di questi eventi, ma nel passato si possono citare alcune “invernate” famose e passate alla storia a seguito dei riscaldamenti stratosferici che si sono propagati in troposfera (esempio: il più recente febbraio 2012, tornando al secolo scorso il gennaio 1985).

Solitamente in questi casi si verificano delle irruzioni gelide di aria artico-continentale molto fredda anche a livello del suolo e non solo in quota. Questa dinamica è possibile solo con la collaborazione dell’anticiclone delle Azzorre che si eleva verso Nord in pieno Oceano Atlantico per poi piegarsi verso nord-est e isolare una cella di alta pressione sul Nord Europa; si crea così un “dialogo” tra le correnti perturbate atlantiche e le masse d’aria gelida continentale.

Queste masse d’aria gelida sono originarie delle zone della Siberia e con moti antizonali vengono spinte verso Ovest. Si tratta di una parte di VP che piomba in Europa dopo che si è frammentato a causa degli anticicloni che ne hanno spostato il centro e lo hanno spodestato dalla sua sede originaria, cioè il Polo Nord.